I droni sono da ormai due secoli oggetto di studio da parte di progettisti, ingegneri e costruttori, ma chi è che si può veramente definire inventore del drone?

Tornando indietro nel tempo sono stati tanti a testare macchine volanti, ma il padre fondatore della tecnologia UAV si chiama Abraham Karem, convenzionalmente ritenuto il vero inventore dei droni come li conosciamo oggi.

Abraham Karem, gli inizi

Abraham “Abe” Karem nasce a Baghdad nel 1937 da genitori ebrei assiri, e fin da giovane sviluppa una forte passione per l’aeronautica;

nel 1951 segue la famiglia in Israele, dove si laurea al Technion di Haifa, quindi prosegue la sua ricerca sul perfezionamento dei droni, fino ad allora considerati prove di velivoli particolarmente inaffidabili, e in generale poco adatti ad un utilizzo concreto su larga scala.

Per ben 9 anni in qualità di ufficiale dell’aeronautica israeliana impara tutto il possibile sulla progettazione e manutenzione di velivoli, oltre a coltivare la sua passione per il modellismo, che lo accompagnava fin dall’infanzia, quindi decide di entrare nelle Israel Aircraft Industries, dove inizia una folgorante carriera.

La guerra del Kippur e il lavoro in proprio

Nell’ottobre del 1973 scoppia la guerra dello Yom Kippur, ed è proprio durante quella che fu la quarta guerra arabo-israeliana che Abe Karem riceve dall’esercito israeliano la richiesta urgente di progettare quello che fu il primo modello di drone esca al mondo.

Mentre lavora a una tecnologia in grado di ingannare i radar nemici, il governo israeliano cambia idea e decide di acquistare tecnologia americana, ma Karem nel frattempo si è convinto che il mondo degli aerei senza pilota sia un territorio inesplorato e in grado di evolvere fortemente, si licenzia dalla IAI e inizia il lavoro in proprio.

Dalla IAI alla Leading Systems Inc.

Nel 1977 Abraham Karem gode già di una certa fama, ma nel frattempo il Pentagono ha sviluppato (con dispendio di risorse decisamente maggiore) una tecnologia propria per gli aeroplani robotizzati;

Abe non si perde d’animo e approda ugualmente negli Stati Uniti dove fonda la Leading Systems Inc. con sede nel garage di casa propria, e dà il via a una vera e propria rivoluzione che porterà alla tecnologia UAV così come oggi la conosciamo.

L’avventura californiana

Abe Karem e la moglia Dina arrivano in California pieni di incognite per il futuro, e per iniziare egli decide di accettare un posto alla Developmental Sciences Inc. un’azienda che forniva droni esca a Israele, ma ben presto capisce che è il caso di mettersi in proprio.

Trovano una casa con garage ad Hacienda Heights, cittadina sulle colline alla periferia di Los Angeles, dove a poco a poco prende vita il sogno di Karem:

il garage va riempiendosi di computer e stampi, e ben presto altri due pionieri della tecnologia UAV si aggiungono allo staff, si tratta di Jack Hertenstein e Jim Machin, rispettivamente un ingegnere specializzato in radiocomandi e uno studente di medicina appassionato di modellismo.

Il drone Albatross: inizia l’era moderna

Il trio Karem, Hertenstein e Machin dà vita ad Albatross, un drone ultraleggero in grado di rimanere in volo per ben 56 ore;

il velivolo venne trasportato al Dugway Proving Ground, un’area di prova dell’esercito americano poco distante da Salt Lake City, dove diede prova di un’affidabilità fino ad allora sconosciuta nei velivoli a pilotaggio remoto.

Albatross suscita l’interesse della DARPA (l’agenzia governativa che si occupa di sviluppo delle tecnologie per la difesa USA) e Karem e soci iniziano a ricevere finanziamenti per sviluppare droni sempre più performanti e resistenti.

Lo sviluppo del drone Amber

Nel corso degli anni Abe Karem acquisisce sempre maggiore notorietà nel settore, l’imprenditore Ira Kuhn ne tesse le lodi, il direttore di DARPA Bob Fossum lo definisce una “risorsa nazionale” e il segretario della Marina John Lehman decide che vale la pena investire nella tecnologia dei droni con funzione di videosorveglianza, finanziando quello che divenne il progetto Amber, uno UAV in grado di sorvegliare le zone dell’America Latina che si ritenevano maggiormente pericolose per il narcotraffico.

Nel 1988 Amber vola sulla cittadina di El Mirage per più di 38 ore consecutive, raggiungendo un’altitudine di 25.000 piedi (circa 7620 metri) e convincendo la Marina americana ad acquistarne 200 esemplari;

più o meno contemporaneamente il Congresso degli Stati Uniti sospende il finanziamento ai programmi Aquila e Condor, incapaci di competere con gli UAV di Karem, di gran lunga più affidabili.

Più tardi lo stesso Karem raccontò di come immaginasse i suoi droni impegnati in futuro in operazioni di pattugliamento nelle pianure della Germania durante la Guerra Fredda, non potendo immaginando l’imminente crollo dell’Unione Sovietica e la guerra contro avversari non statali, come avvenne in seguito durante la lotta al terrorismo.

L’era della General Atomics: Gnat-750

Un ennesimo punto di svolta nello sviluppo della tecnologia UAV fu l’acquisto di Leading Systems da parte di General Atomics, facente capo ai fratelli Neal e Linden Blue, imprenditori miliardari e aviatori, che si fidarono ciecamente della creatività dello staff di Karem.

I risultati non tardano ad arrivare, dopo Amber è la volta di Gnat-750, che si presentava sicuramente appesantito rispetto al suo predecessore, ma con una nuova fusoliera e con la possibilità di essere dotato di sistema GPS, camera a infrarossi, camera diurna e sistema stabilizzato FLIR. Anche in questo caso stupì la sua autonomia, grazie al motore Rotax a due tempi nel 1992 uno Gnat-750 volò per più di 48 ore, di cui 40 ininterrotte.

Scoppia la guerra nei Balcani, e l’amministrazione di Bill Clinton si convince della necessità di monitorare a distanza i conflitti etnici che insanguinavano la zona, tanto che l’allora capo della CIA James Woolsey suggerisce di acquistare due Gnat-750 da lanciare in Albania verso la Bosnia.

Il drone Predator

Fino ad allora Abraham Karem non aveva pensato i droni come velivoli armati, così si limitò a modificare lo Gnat-750 in modo che potesse ospitare un’antenna satellitare che rendesse possibile il pilotaggio a distanze maggiori; le uniche altre modifiche furono l’aggiunta del motore Rotax 912 (successivamente aggiornato a 914), un carrello di atterraggio più pesante e poco altro, nacque così il drone Predator.

Nato dunque come drone disarmato, Predator fu presto dotato di missili non su idea del suo inventore, ma di un ufficio della Air Force conosciuto come Big Safari, che dal 1952 si occupa di armare velivoli per scopi speciali.

Il drone Predator fu utilizzato nel corso degli anni dalla Air Force, dalla CIA, dal Customs and Border Protection, ma anche dall’Aeronautica Militare Italiana e dalle aviazioni di Marocco, Turchia ed Emirati Arabi, dimostrando una longevità invidiabile, e rendendo Abe Karem noto nel mondo come The Dronefather, convenzionalmente il padre inventore del drone come lo conosciamo oggi.

Il punto di forza di Karem a posteriori non fu tanto la modernità delle sue soluzioni (in effetti l’idea di drone era già nota quando egli iniziò la sua attività) quanto la ricerca dell’affidabilità, poiché fu il primo a intuire che il drone non era necessariamente un’esca da abbattere, ma un apparecchio dall’enorme potenziale, ed è grazie a lui che ne conosciamo tutti gli odierni utilizzi.

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